IMPRESE E DIRITTI UMANI: SENZA REGOLE VINCE IL PIÙ FORTE
Da oltre trent’anni ormai le politiche economiche dei governi occidentali si concentrano sulla necessità di favorire il settore privato, identificando benessere sociale e crescita delle imprese. Ultimamente questa strategia è stata ulteriormente estesa alla scala globale, investendo anche il settore della cooperazione internazionale. Secondo questa logica gli investimenti porterebbero ai Paesi “poveri” quei capitali di […]
Da oltre trent’anni ormai le politiche economiche dei governi occidentali si concentrano sulla necessità di favorire il settore privato, identificando benessere sociale e crescita delle imprese. Ultimamente questa strategia è stata ulteriormente estesa alla scala globale, investendo anche il settore della cooperazione internazionale. Secondo questa logica gli investimenti porterebbero ai Paesi “poveri” quei capitali di cui hanno bisogno, attivando così virtuosi processi di sviluppo.
Ma è sempre così? Gli investimenti globali delle imprese si traducono automaticamente in benessere per le popolazioni locali, secondo una mitica dinamica “win-win”, nella quale tutti risultano vincenti? No, non è sempre una storia virtuosa quella degli investimenti nei paesi del Sud globale. In questi anni abbiamo raccontato molte volte come l’azione di imprese multinazionali si sia sviluppata in violazione dei più elementari diritti umani e producendo danni all’ambiente e alle comunità locali. Senza una regolamentazione globale, quindi, è più che probabile che dietro la retorica “win-win” si nasconda la più vecchia e dannosa dinamica della competizione al ribasso, un semplice tentativo di conquistare i nuovi mercati dei Paesi “in via di sviluppo”.
Al momento queste regole si possono intravedere nei “Principi Guida delle Nazioni Unite per le Imprese e i Diritti Umani”. Nulla di veramente impegnativo, perché su scala globale prevale ancora la logica miope che le regole facciano male all’economia, ma per la prima volta sono stati fissati tre principi cardine: il dovere degli stati di proteggere le loro popolazioni, la responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani anche nei paesi esteri e il diritto delle popolazioni vittime di violazione dei diritti umani ad avere accesso a forme di risarcimento.
Da qui si parte per chiedere di più. Per chiedere che questi principi guida siano tradotti in indicazioni operative e cogenti per gli stati e per le imprese che agiscono su scala globale.
La cooperazione esiste solo insieme alle regole. Perché senza regole vince sempre il più forte.
Articolo comparso sul Giornale di Mani Tese di maggio 2017