Venerdì 15 febbraio, in sede di Coreper, è stato raggiunto un accordo politico cruciale riguardante la direttiva sulla dovuta diligenza per le imprese (CS3D). Un passo avanti nella difesa dei diritti umani e ambientali contro le pratiche dannose delle imprese ma il percorso verso l’attuazione completa rimane ancora lungo e complesso. Il testo approvato è il risultato di una lunga e complessa negoziazione, che ha coinvolto molteplici parti interessate e che delinea importanti lacune e limitazioni rispetto alla versione approvata lo scorso dicembre alla fine del Trilogo, in cui già si notavano delle lacune significative, ma un punto di partenza accettabile per miglioramenti significativi nelle fasi di trasposizione.
Tre aspetti fondamentali che richiedono attenzione: innanzitutto, dopo l’accordo di venerdì scorso, l’applicazione della legge coinvolge meno di 5.500 imprese dell’UE, rispetto alle oltre 17.000 originariamente previste nel testo approvato a dicembre. Questa riduzione solleva interrogativi sull’efficacia e sull’ambito di copertura della normativa, evidenziando la necessità di un’attenzione ulteriore per garantire un impatto significativo sulle pratiche aziendali. Salvi anche settori ad alto rischio, come l’abbigliamento e l’edilizia, che avrebbero incluso le aziende più piccole con 250 dipendenti e un fatturato di 40 milioni di euro. Un testo “difettoso” anche rispetto ai tempi di applicazione, che vengono indicati con il 2029 per le imprese oltre i 1.000 dipendenti e con 450 milioni di euro di fatturato e con il 2027 per le imprese con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato annuo superiore a 1,5 miliardi.
Aspettative, quindi, non solo tradite, ma decisamente ribaltate: dopo gli ultimi negoziati, le catene del valore globale si sono accorciate tagliando proprio quelle attività che, a monte e a valle, rischiano maggiormente di causare danni ambientali e abusi dei diritti umani, come lo smaltimento e il riciclaggio dei rifiuti e il compostaggio e smaltimento in discarica.
Non possiamo non rimarcare che si tratta di un risultato che, ancora una volta, compiace i grandi Stati membri dell’UE, come Italia, Germania e Francia, che, da oltre un mese e mezzo, adottano un atteggiamento di stallo e continue procrastinazioni volti a negoziare una serie di compromessi che evidenziano l’incapacità politica nell’affrontare le urgenti sfide globali, come la crisi climatica e la difesa dei diritti umani.
Il testo richiede ancora l’approvazione del Parlamento europeo, il che lascia aperta la possibilità di ulteriori negoziati e modifiche prima di una ratifica definitiva. La speranza è, di nuovo, in un accordo il cui testo non risulti ulteriormente spogliato di significato, ma di cui venga preservata l’integrità in ragione dei valori su cui si fonda, che dovrebbero essere gli stessi su cui si fonda l’Unione Europea, e delle finalità che persegue, ovvero la tutela dell’ambiente e dei diritti delle persone e che, ancora una volta, fondano l’Unione Europea e il patto sociale tra Stati membri e cittadini.
Come Mani Tese continueremo a collaborare attivamente, al fine di facilitare un processo di trasposizione della normativa che sia non solo migliorativo, ma anche maggiormente tutelante per le persone in tutto il mondo e per l’ambiente.