RIFORESTIAMO LE MANGROVIE IN MOZAMBICO!

Iniziata l’attività di riforestazione insieme alle comunità locali per conservare l’ecosistema costiero.

Nell’ ambito del progetto Ethaka promosso da Mani Tese e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo in Mozambico, siamo impegnati in un importante processo di riforestazione. Siamo infatti operativi in territori desolati e soggetti all’erosione a causa del taglio consistente delle mangrovie, piante fondamentali per la conservazione del prezioso ecosistema costiero.
Nelle scorse settimane, i beneficiari, con l’aiuto del team di Mani Tese, hanno trasportato piantine di mangrovie dal vivaio alle comunità di Inhangome, Morropue e Icidua per l’attività di riforestazione, realizzata proprio insieme alla popolazione.
Questa fase è stata supportata anche da un’attività di informazione e sensibilizzazione nelle comunità grazie alla magia del gruppo teatrale Rempalago. Tre rappresentazioni teatrali hanno infatti sensibilizzato le comunità sull’importanza cruciale delle mangrovie nell’ecosistema e sui danni causati dalla deforestazione all’ambiente e ai loro mezzi di sussistenza.
 
Sempre nell’ambito del progetto Ethaka, Mani Tese ha inoltre distribuito 110 fornelli migliorati ai beneficiari delle comunità coinvolte nella riforestazione dei loro territori.
Gli abitanti hanno ricevuto una piccola formazione e hanno anche assistito a una rappresentazione teatrale messa in scena per sensibilizzare sull’importanza ambientale ed economica dell’uso dei fornelli.
 
I fornelli migliorati, infatti, permettono di consumare meno carbone per produrre i pasti. Questo non solo consente un risparmio economico familiare, ma aiuta anche a ridurre il disboscamento delle mangrovie per la produzione di carbone.
 
A oggi Mani Tese ha completato l’attività di riforestazione delle mangrovie nelle comunità di Icidua, Inhangome e Morropue. Grazie al duro lavoro dei beneficiari, che hanno trasportato le piantine in canoa lungo il fiume, le hanno scaricate, hanno scavato e trapiantato, l’attività è stata completata con successo.
Il prossimo passo sarà coinvolgere le comunità nella manutenzione delle aree riforestate, affinché la deforestazione delle mangrovie possa terminare.

MANGIARE BENE, MANGIARE SANO

Un corso di formazione per le donne del centro di accoglienza JOSEBA in Burkina Faso.

Uno degli obiettivi del progetto “Nutrire la città” in Burkina Faso è quello di mettere in relazione i produttori della cintura verde con i centri per le persone vulnerabili. A questi ultimi, infatti, vengono venduti i prodotti agricoli in eccesso a un prezzo più vantaggioso, stabilendo così una relazione fruttuosa per tutti.

Il progetto prevede inoltre una formazione per gli operatori e le operatrici delle cucine di questi centri affinché possano gestire meglio le verdure, migliorare le tecniche di trasformazione e acquisire nuove competenze in materia di buone pratiche nutrizionali.

È grazie al progetto, quindi, che le donne che fanno parte del personale del centro di accoglienza JOSEBA hanno potuto partecipare a una formazione di due giorni sulla conservazione, l’essiccazione delle verdure e la preparazione di pappe arricchite per neonati. Grazie al corso, una dozzina di donne ha acquisito competenze sulle tecniche di essiccazione e conservazione di cipolle, pomodori, cavoli, sulla preparazione di marmellata a base di cipolla, ecc… Sono state anche introdotte delle pappe arricchite per neonati a base di miglio, sorgo, mais, fagioli, sesamo e altro.

Il progetto “Nutrire la città: agricoltura urbana e promozione di un’alimentazione sana e locale per lo sviluppo di un sistema agroalimentare sostenibile e inclusivo“, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, è implementato da ACRA e dai suoi partner Mani Tese ETS, Gnucoop, ETIFOR, WATINOMA, Ke du Burkinabe, Comune di Ouagadougou.

 

THE CHALLENGE: LA CRISI CLIMATICA E LA RISPOSTA AGROECOLOGICA NEL SAHEL

Il documentario prodotto da Mani Tese nell’ambito del progetto Challenge

Il Sahel sta vivendo una gravissima crisi dove si intrecciano le grandi sfide globali del nostro tempo: i cambiamenti climatici, la pressione demografica, gli squilibri sociali, la violazione dei diritti umani, il terrorismo e le migrazioni. Per far fronte a tutte queste sfide gli agricoltori Burkinabè suggeriscono una possibile soluzione: l’agroecologia, sostenuta anche dalla rete di ong italiane Azione TerrAE.

Il documentario racconta come l’approccio agroecologico possa offrire un contributo importante al superamento della crisi della regione, mettendo in campo strategie adeguate alle specifiche condizioni di contesto, privilegiando le imprese familiari e contadine, valorizzando il ruolo delle donne e dei giovani, rafforzando forme associative che garantiscano la partecipazione e la rappresentanza di tutti gli attori, e che siano in grado di dialogare con le istituzioni, a partire da quelle territoriali. 

Il racconto è guidato dai sei pilastri fondanti del manifesto di Azione TerrAE, che promuove una transizione agroecologica in Africa Occidentale, e ci mostrano quali sono le “challenge” dei nostri tempi. La terra, le sementi, i mercati, i servizi all’agricoltura, le donne e giovani: sono questi gli elementi intorno ai quali si giocherà la realizzazione di un futuro realmente sostenibile e giusto che passa attraverso un cambiamento individuale e collettivo.

Si tratta di temi presenti anche all’interno del Festival Challenge, primo festival sull’agroecologia in Burkina Faso, che apre il documentario e che ha permesso di mettere insieme tutti gli attori coinvolti in questo processo di transizione per rafforzare un senso di appartenenza alla comunità globale e mostrare anche al di fuori del Burkina Faso come sia possibile cooperare per un cambiamento individuale e collettivo per un mondo più sostenibile e giusto.

Il documentario THE CHALLENGE è stato realizzato nell’ambito del progetto “CHALLENGE – Call to action for local and national agro-ecological change” promosso da Nuove Generazioni Ecologiche, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e guidato dalla ONG italiana Deafal, in collaborazione con ACRA, Mani Tese, Terra Nuova, WWOOF, Reattiva, Open Impact e Altreconomia.

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TORNARE A COLTIVARE UNA TERRA NON PIÙ FERTILE GRAZIE ALL’AGROECOLOGIA

Intervista a Jean-Baptiste KABORE, agricoltore coinvolto nel progetto “Nutriamo il futuro” in Burkina Faso.
di Mme Nongma Ernestine OUEDRAOGO

Jean-Baptiste KABOR è un produttore della provincia del Boulkiemde nella regione del Centro-Ovest, dove il progetto “Nutriamo il futuro! Interventi di sicurezza nutrizionale per un’adeguata alimentazione delle mamme e dei bambini da 0 a 5 anni”, cofinanziato da AICS Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, è in corso ormai da due anni. I membri della sua Cooperativa, come quelli di 48 cooperative disseminate in 3 province, hanno ricevuto formazioni in agroecologia e biopesticidi e sono stati supportati nella strutturazione di cooperative di agricoltori attraverso una formazione ad hoc. 

Ecco la sua testimonianza: 

“Mi chiamo KABORE Jean-Baptiste, sono il segretario dell’organizzazione contadina TIKTOAAMPANGA di Godo, nel comune di Pella, provincia di Koudougou, nella regione del Centro-Ovest.  

Da circa due anni la nostra organizzazione riceve il sostegno di Mani Tese attraverso il progetto NUTRIAMO IL FUTURO. Sono uno dei leader, scelti dalla nostra cooperativa, che partecipa ai corsi di formazione organizzati dal progetto e ho il compito di condividere le nuove informazioni e le tecniche apprese agli altri membri della mia cooperativa, affinché tutti possano beneficiare delle conoscenze acquisite. 

I corsi di formazione che ho frequentato negli ultimi due anni con l’ONG Mani Tese hanno contribuito ad aprire le menti dei membri della cooperativa e il nostro metodo di coltivazione è completamente cambiato. Abbiamo ricevuto formazioni sull’agroecologia, sulla protezione dell’ambiente, sull’allevamento di pesci (tilapia e pesce gatto) e sulla legge OHADA relativa al corretto funzionamento di una cooperativa.  Al ritorno dalla formazione, abbiamo riunito tutti i membri dell’organizzazione per trasmettere ciò che abbiamo imparato.   

40 anni fa la nostra terra era ancora fertile e la produzione agricola era buona, ma oggi abbiamo dei problemi. Tutto è cambiato radicalmente: gli alberi ad alto fusto non ci sono più, la terra non è più fertile, l’ambiente non è più quello di una volta. Gli animali della savana e le api sono in via di estinzione. Ci sono molte malattie umane e animali. I raggi del sole si fanno sentire sempre di più e la vita è diventata difficile.  

L’ONG Mani Tese ci sta fornendo nuove competenze e supporto per riscoprire alcune tecniche e tornare a coltivare in modo sostenibile, per essere autosufficienti e riuscire a vendere le eccedenze per soddisfare bisogni delle nostre famiglie. Abbiamo riscoperto la tecnica tradizionale dello ZAÏ, delle mezze lune, ma anche acquisito nuove nozioni sulla costruzione delle dighette, delle fosse per la preparazione del compost con l’utilizzo del letame, ecc… Sono tecniche facili e che non costano nulla. I fertilizzanti chimici, invece, sono costosi e devono essere applicati ogni anno, e il loro uso ci provoca malattie, distrugge la copertura vegetale e gli animali che vivono in natura. 

In 45 giorni possiamo già vedere i frutti del nostro lavoro: abbiamo buoni raccolti e preserviamo la nostra salute. 

IL FONIO: IL “PIATTO DEI NOBILI” CHE VALE PIÙ DELL’ORO

In Senegal le famiglie dei Bedick, “il popolo del fonio”, oltre a produrlo, ora potranno vendere questo straordinario prodotto biologico, che garantirà loro un reddito sicuro

In cima alle falesie che separano il Senegal dal Mali e dalla Guinea Conakry e nel fondo valle dove nasce e inizia a scorrere il fiume Gambia vivono i cosiddetti “popoli del fonio”.  

Ci troviamo nella regione di Kédougou, nel Sud-Est del Senegal e qui vi abitano i Bedick, i Bassari e i Peul. I Bedick, in particolare, sono una minoranza etnica fuggita dal Mali durante la guerra di decenni fa con la Guinea e si sono rifugiati in cima alle montagne rocciose della regione per potersi proteggere e controllare il territorio.  

Su queste montagne hanno portato la loro cultura così come la loro tradizione agricola e, in particolare un cereale: il fonio. Dalle altre popolazioni del Senegal, i Bedick vengono appunto chiamati “il popolo del fonio perché da sempre coltivano questo particolare grano e lo utilizzano durante le feste, le cerimonie e come piatto per accogliere gli stranieri e le persone importanti nelle loro case. 

Non mi dispiace venire associata al fonio, in quanto Bedick, anzi, mi rende orgogliosa perché sento che così il nostro popolo esce dall’isolamento e viene conosciutoacconta sorridendo Adele KEITA, una delle produttrici di fonio sostenute dal progetto “Il fonio: dal cibo tradizionale al cibo del futuro” cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna e promosso da Mani Tese. Ho 45 anni e ho iniziato a lavorare i campi di fonio sin da bambina con la mia famiglia – prosegue Adele KEITA – Per noi il fonio vale più dell’oro, è un piatto nobile e fa bene alla salute”.  

Adele vive nel villaggio di Damboucoye con la sua grande famiglia. da piccola abitava a Iwol il villaggio originario dei Bedick, situato in cima alla falesia, ma per poter coltivare di più è scesa a valle, e al villaggio natale ritorna per le feste. Il villaggio di agricoltori è ben organizzato, ognuno ha il suo ruolo e le donne, in particolare, sono le addette al fonio. 

Insieme alle altre donne del villaggio – racconta Florence KEITA, 23 anni – ogni giorno prepariamo da mangiare per tutta la famiglia. Preparare il fonio non è facile perché richiede tanto tempo, anche per questo ha un grande valore. Bisogna decorticarlo, lavarlo, seccarlo e poi pestarlo e cucinare la salsa”.  

Trasformare i prodotti della terra

In Burkina Faso formiamo agricoltori e agricoltrici su come migliorare le tecniche di trasformazione dei loro prodotti per valorizzarli e renderli più duraturi.

Rafforzare la capacità di trasformazione dei produttori agricoli locali è sempre un aspetto importante, perché permette, anche se con delle tecniche semplici, di aumentare la durabilità dei loro prodotti, conservandoli per i periodi di minore disponibilità, e di dare loro un valore aggiunto rispetto al prodotto fresco. 

Il progetto Nutrire la Città ha formato i produttori locali su alcune tecniche di base di trasformazione che possono essere adottate anche senza infrastrutture importanti. La formazione ha compreso anche i principi di igiene della trasformazione alimentare, le tecniche di post raccolto e di stoccaggio.  

Per quanto riguarda la trasformazione, ci siamo concentrati sull’essiccazione di varie speculazioni orticole in foglie e sulla preparazione di pomodori pelati o in passata, con una formazione dedicata destinata a due membri di ciascuna delle 15 cooperative interessate dal progetto, che l’hanno poi replicata agli altri membri, raggiungendo quindi complessivamente 750 produttori. 

Il progetto “Nutrire la città: agricoltura urbana e promozione del cibo sano e locale per lo sviluppo di un sistema agroalimentare sostenibile e inclusivo” è co-finanziato da AICS e coordinato da ACRA con Mani Tese, Gnucoop, Etifor, Ital Watinoma, Association Watinoma, Ke du Burkinabè e il Comune di Ouagadougou. 

Diritto all’Agricoltura Agroecologia come modello sostenibile, culturale e finanziario

24 MAGGIO, 16.30 – FIRENZE presso “Nana Bianca” sala “Workshop Grande” sita in piazza Cestello 10

LA RINASCITA DELLA CINTURA VERDE A OUAGADOUGOU

In Burkina Faso abbiamo concluso la realizzazione delle infrastrutture che coinvolgono 15 ettari di perimetri orticoli della cintura verde della capitale.

Grazie al progetto “Nutrire la città: agricoltura urbana e promozione del cibo sano e locale per lo sviluppo di un sistema agroalimentare sostenibile e inclusivo”, co-finanziato da AICS e coordinato da ACRA con Mani Tese, Gnucoop, Etifor, Ital Watinoma, Association Watinoma, Ke du Burkinabè e il Comune di Ouagadougou, stiamo riabilitando la cintura verde di Ouagadougou in Burkina Faso, preservandola dall’urbanizzazione. 

Nel mese di maggio abbiamo finalmente concluso i lavori per la creazione dei sistemi di irrigazione sui 15 ettari di perimetri. Un risultato che rappresenta per Mani Tese un grande successo e che ci avvicina sempre di più al raggiungimento di una sfida importante: contribuire alla rinascita della cintura verde per gli agricoltori locali. Questa rinascita è legata infatti a due fattori importanti e imprescindibili: la messa in sicurezza degli orti dalla divagazione degli animali e la disponibilità di acqua.  

Tutto è iniziato dall’identificazione dei 15 ettari di terreno, divisi in tre perimetri, che dovevano essere riabilitati insieme ai tecnici del comune. In questi mesi l’equipe di Mani Tese ha incontrato la popolazione locale e stretto delle relazioni di fiducia che hanno permesso di creare dei gruppi strutturati e di avere l’appoggio della comunità per procedere alla delicata operazione di delimitazione e riabilitazione dei perimetri. 

Pamoussa SAAWADOGO, coordinatore di progetto, racconta: “Quando abbiamo iniziato, c’era molto scetticismo attorno al progetto. Gli agricoltori avevano paura che in qualche modo la terra potesse essere loro “espropriata”. Ci è voluto del tempo per guadagnare la loro fiducia e averne l’approvazione.”  

Mani Tese ha quindi intrapreso la realizzazione di una delimitazione dei perimetri con una rete in ferro riciclato costruita sul posto da artigiani locali. Questa soluzione è stata bene accolta, perché l’utilizzo del ferro riciclato previene i furti del materiale. Ancora oggi, infatti, gli spazi della cintura verde riabilitati, sebbene di giorno siano resi vivi da centinaia di uomini e donne che coltivano, la notte rimangono al buio ed è quindi facile che si verifichino dei furti di materiali. 

Conclusa la recinzione è poi iniziata la sfida dell’acqua.  

Racconta Eugenio L.L. ATTARD, Rappresentante Paese di Mani Tese in Burkina Faso: “Inizialmente il progetto prevedeva la realizzazione di 60 pozzi freatici di superficie. Dopo varie e attente valutazioni, abbiamo rivisto questo approccio optando per la realizzazione di 15 pozzi di profondità, ognuno corredato da 4 bacini di irrigazione, che possano garantire a lungo la presenza di acqua non inquinata, e che non si prosciughino durante la stagione secca, ormai inesorabile a causa del cambiamento climatico”. 

La realizzazione dei pozzi è stato un processo molto lungo, sia per la complessità delle procedure amministrative sia dal punto di vista tecnico. 

Un altro elemento fondamentale per buona riuscita dei lavori è stata la scelta di avere un terzo attore esterno che si incaricasse del monitoraggio dei lavori. Abbiamo così chiaramente separato i ruoli di controllo e di esecuzione” aggiunge ancora Eugenio L.L. ATTARD. 

Grazie a questa strategia, per ogni ettaro abbiamo ottenuto quello che tecnicamente viene definito una “perforazione positiva” ovvero una portata d’ acqua superiore ai 5mq, che è stimata essere la portata minima utile all’irrigazione di un perimetro di 1 ettaro di superficie. 

Martedì 30 aprile, finalmente e con gioia, si è tenuta la cerimonia ufficiale del termine dei lavori per i primi ettari di terreno, alla presenza anche dei colleghi dell’Ong capofila di progetto ACRA e dei servizi Tecnici del comune di Ouagadougu, oltre che degli agricoltori beneficiari del progetto. 

15 ettari di terra sono stati così salvati dall’urbanizzazione selvaggia di una città in continua espansione e affidati alle mani degli agricoltori, oggi certamente più consapevoli del valore e dell’importanza della terra.