Mani Tese e Soulfood Forestfarms: una nuova collaborazione per la transizione agroecologica e lo sviluppo di comunità

Al Parco Agricolo Sud di Milano Mani Tese e Soulfood Forestfarms uniscono le forze per la transizione agroecologica e per rafforzare la comunità locale, nell’ambito del progetto “Rebooting the Food System” co-finanziato dall’Unione europea.

Nell’ambito del progetto europeo Rebooting the Food System: Youth Engagement for Agroecology and Due Diligence (2024-2027), è stata avviata una collaborazione strategica tra Mani Tese e Soulfood Forestfarms, nel contesto del Parco Agricolo Sud di Milano. L’obiettivo è promuovere l’agroforestazione rigenerativa, ispirata ai principi della successione ecologica, per rigenerare territori agricoli e costruire comunità sostenibili tramite il potenziamento del sistema agroforestale messo a dimora nel 2019 da SoulFood ForesFarms e CasciNet AgroHub e del progetto Adotta Una Gallina, partito nel 2023, grazie al quale oggi vivono sui campi – secondo i principi del pascolo razionale – 160 galline adottate dalla Comunità locale, che ogni domenica si reca sui campi a ritirare le uova.

La collaborazione, rafforzata dal supporto del Corso di Laurea in Geografia, ambiente e territorio dell’Università degli Studi di Milano, mira a dare nuova vitalità alla comunità locale, favorendo la partecipazione attiva dei cittadini attraverso attività pratiche e momenti di sensibilizzazione. L’intento è stimolare il dialogo tra le persone che abitano il quartiere e chi lo vive occasionalmente, creando connessioni che possano generare un impatto duraturo sul territorio.

Questa iniziativa si inserisce all’interno del progetto europeo Rebooting the Food System, che mira a promuovere pratiche agricole più eque e sostenibili, mettendo al centro la giustizia climatica, la protezione dell’ambiente e la costruzione di sistemi alimentari resilienti. Un aspetto fondamentale è il coinvolgimento attivo dei giovani, che attraverso percorsi educativi e attività pratiche possono acquisire strumenti per diventare protagonisti di un cambiamento concreto.

L'area di progetto, nell'Agroforesta Urbana del Parco della Vettabbia a Milano (Foto ©Soulfood Forestfarms)

Questa collaborazione è cruciale per rafforzare la transizione agroecologica, non solo nei contesti di cooperazione internazionale, ma anche a livello locale. Mettere al centro il consumo consapevole significa riconoscerne il potere trasformativo, capace di incidere non solo sui sistemi produttivi, ma anche sui modelli economici e finanziari, rendendoli più equi e sostenibili.

Elisa Lenhard, Referente Educazione alla Cittadinanza Globale e Advocacy di Mani Tese

Da sempre il nostro corso di laurea promuove la collaborazione attiva con ONG, associazioni ed enti a progetti nazionali e internazionali attraverso l’ingaggio di studenti e docenti in attività di didattica site-specific, tirocini formativi, ricerca e public engagement. Questo ci permette di sperimentare conoscenze e pratiche trasformative, supportando la formazione di una comunità consapevole capace di intervenire con efficacia sulle complesse dinamiche socio-territoriali contemporanee.

Alice Giulia Dal Borgo, Presidente del Corso di Laurea in Geografia, ambiente e territorio – Università degli Studi di Milano

Soulfood ForestFarms si occupa della progettazione e dell’implementazione di Sistemi Agroforestali. Tutti questi sistemi vengono pensati e progettati seguendo dei modelli che la Natura ha scelto per avere successo nei suoi obiettivi. Quando si parla di Agroforestazione si parla di Comunità: le piante vengono scelte allo scopo di ottenere dei filari molto densi e in modo che le specie si supportino tra loro. Sono numerosi i Serivizi Ecosistemici e le funzioni ecologiche che le piante soddisfano per le Comunità locali: dalla semplice produzione di ossigeno alla più raffinata influenza che ha nella diminuzione del tasso di stress delle persone. Per la realtà di SFFF è fondamentale creare reti di supporto con realtà affini, creando dei legami distribuiti, solidi e trasparenti con l’intento comune di operare per la transizione ecologica.

Enrico Sartori, Socio fondatore di Soulfood Forestfarms

Le prime attività in programma riguardano due ambiti chiave:

  • Il potenziamento del pollaio comunitario, un intervento che punta a migliorare e ampliare le strutture esistenti all’interno del progetto “Adotta una gallina”, già attivo presso Soulfood Forestfarms. Questa iniziativa ha dato vita al primo pollaio di quartiere a Milano, situato nell’Agroforesta Urbana del Parco della Vettabbia, e permette ai cittadini di adottare una gallina, contribuendo al suo allevamento etico e sostenibile. Il potenziamento del pollaio consentirà di migliorare la gestione delle risorse e delle strutture, garantire condizioni ottimali per gli animali e ampliare il coinvolgimento della comunità locale, rafforzando la connessione tra produzione e consumo consapevole.
  • Il rafforzamento della comunità locale, attraverso momenti di aggregazione e sensibilizzazione. La collaborazione si svilupperà attorno a incontri dedicati al confronto su tematiche chiave come sovranità alimentare, filiere sostenibili e giustizia ambientale, con uno sguardo che unisce le esperienze del Global South alle pratiche agroecologiche sviluppate nel contesto europeo. Mani Tese opera da anni nei paesi del Sud del mondo affinché i flussi finanziari globali contribuiscano a uno sviluppo sostenibile, garantendo che le risorse siano impiegate per rafforzare i diritti delle comunità locali e costruire economie più giuste e resilienti.

Il cuore di questa collaborazione è il dialogo tra l’agroforestazione rigenerativa, promossa da Soulfood Forestfarms, e la transizione agroecologica, portata avanti da Mani Tese. Due approcci complementari che si incontrano per costruire modelli agricoli in grado di rispondere alle sfide ambientali, sociali ed economiche del nostro tempo.

Soulfood Forestfarms rappresenta un esempio concreto di come l’agroecologia possa essere non solo un metodo di coltivazione, ma anche uno strumento di rigenerazione ambientale e sociale. Attraverso il coinvolgimento diretto della cittadinanza, l’iniziativa mira a creare connessioni tra le persone e il territorio, stimolando una maggiore consapevolezza sulle pratiche agricole sostenibili e sul loro impatto sul benessere collettivo.

Questa collaborazione si inserisce all’interno del più ampio impegno di Mani Tese per un’agricoltura equa e sostenibile, che metta al centro la giustizia sociale e ambientale. Nei prossimi mesi verranno attivate ulteriori iniziative per consolidare questo percorso e ampliare il coinvolgimento della comunità locale.

Per restare aggiornati sulle attività in programma, seguiteci sui nostri canali.

Questo progetto è co-finanziato dall’Unione europea. I contenuti di questo articolo sono responsabilità della sola Mani Tese ETS e non riflettono necessariamente le opinioni dell’Unione europea.

La via per l’emancipazione socio-economica delle “manjaca”

Reportage dalla Guinea Bissau: ecco come Mani Tese punta su micro-credito e nuovi gruppi di risparmio al femminile, nell’ambito del progetto “Coinvolgiamo tuttə per costruire il nostro futuro”, co-finanziato da AICS

Frontiere politiche, barriere culturali

Nei primi anni Novanta, l’intensificarsi degli scontri armati tra l’esercito senegalese e gli indipendentisti della provincia della Casamance, al confine tra Senegal e Guinea Bissau, ha portato all’abbandono di molti villaggi del lato senegalese, la cui popolazione si è rifugiata in Guinea-Bissau.

Situato a 3 chilometri da São Domingos, a nord della Guinea-Bissau, Beguingue 2 è un villaggio fondato nel 1994 da rifugiati senegalesi sulle terre di Beguingue 1, con il sostegno dell’UNHCR e del governo guineano. Oggi, il villaggio è abitato principalmente dal gruppo etnico manjaco proveniente dal villaggio di Nhafena, in Casamance, ma in realtà originario della stessa Guinea-Bissau.

Quello manjaco è un gruppo etnico caratterizzato da forti valori religioso-tradizionali, che presenta una società patriarcale, nella quale le donne permangono in un rapporto di subordinazione e dipendenza. Per esempio, le donne manjaca non hanno il diritto di ereditare né dal padre né dal marito. In via eccezionale, una figlia può ereditare alcune delle proprietà acquisite dalla madre nel corso della sua vita.

Solo recentemente, le manjaca hanno acquisito il diritto all’istruzione, ma continuano a essere relegate alle faccende domestiche e ai lavori agricoli, dedicandosi al piccolo commercio o altre attività generatrice di reddito che devono però essere approvate dal marito.

L’emancipazione socio-culturale passa da quella economica. In questo senso, l’intervento di Mani Tese nel territorio di São Domingos, regione di Cacheu, mira a creare 10 nuovi gruppi di risparmio e (micro)credito – in inglese Village Savings and Loaning Groups (VSLG) – grazie al progetto Coinvolgiamo tuttə per costruire il nostro futuro: Politiche, formazione e lavoro per un business inclusivo!, co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).

Un libretto per l’emancipazione economica

I gruppi VSL costituiscono una sorta di cassa di risparmio comunitaria, di solito composti a maggioranza da donne che possono così gestire in autonomia i propri guadagni e richiedere prestiti per svolgere delle attività generatrici di reddito senza dover ricorrere all’approvazione dei propri mariti, padri o fratelli.

Dallo scorso febbraio, Mani Tese sta formando i nuovi gruppi che riceveranno un fondo dal progetto per attivare il meccanismo di risparmio/prestiti, garantendo quindi l’autoalimentarsi della cassa del gruppo e la sua sostenibilità.

Nella comunità di Biguinge 2, la formazione si svolge, come di consueto, all’ombra di un grande mango, in prossimità della lingua d’asfalto rosicchiata e piena di buche che conduce fino alla frontiera con il Senegal e la Casamance. Nell’afa del primo pomeriggio, le donne manjaca del gruppo VSL denominato “No djubi” (letteralmente “vediamo”, nel senso di “vediamo come va l’esperienza…”), un po’ assonnate e provate dalla mattinata di lavoro nei campi o al mercato, ascoltano l’animatrice di Mani Tese, mama Zanda, che illustra il funzionamento della cassa, lo statuto del gruppo e il ruolo dei membri del comitato di gestione.

Per rendere la formazione più dinamica, l’animatrice fa degli esempi pratici mostrando il kit che ogni gruppo VSL ha ricevuto in dotazione: una cassaforte portatile, libretti di risparmio, sacchetti di stoffa (per i diversi “fondi” della cassa), calcolatrice, quaderni e timbri.

La pila di libretti gialli si erge sul tavolino al centro del cerchio di vesti e copricapi colorati delle manjaca. Ognuna riceverà un libretto sul quale saranno timbrate le “azioni” corrispondenti ai franchi depositati. Un timbro per ogni 500 franchi. Più timbri significano più azioni, ovvero una fetta di guadagno maggiore all’apertura della cassa di fine anno, quando verranno ripartiti i tassi di interesse (juros) accumulati dal gruppo. Ma risparmiare di più permette anche di richiedere prestiti più alti, secondo la proporzione 1:3. Per esempio, se risparmi 10.000 franchi, puoi chiedere un prestito di 30.000 franchi.

L’attenzione generale si ridesta quando si passa alla prova del risparmio. Una per una, le manjaca del “No djubi” vengono chiamate per depositare i loro risparmi della settimana nella ciotolina preposta. Gli animi si scaldano, il tono delle voci si alza, causando un po’ di confusione tra le due contabili incaricate di ricevere i franchi, contarli e annunciarli al resto del gruppo. Mama Zanda è brava a riportare l’ordine, servendosi di qualche barzelletta che fa scuotere dalle risate le donne più corpulente. 

L’importo minimo da depositare è di 500 franchi, ma non è sempre obbligatorio risparmiare, dipende dalla disponibilità del momento. Per cominciare a richiedere prestiti, invece, bisognerà attendere l’erogazione del fondo da parte di Mani Tese, al termine del ciclo di formazioni.

Aminata Mendes, 24 anni, contabile del gruppo VSL “No djubi”. È determinata a studiare medicina e a restare in Guinea-Bissau per aiutare la sua gente.

Tre donne e una cassaforte

“Sono figlia di questa comunità”, afferma con orgoglio Aminata Mendes, 24 anni, riferendosi a Beguingue 2. Non è ancora sposata ed è una delle poche ragazze della sua comunità iscritta al dodicesimo anno di scuola, equivalente al nostro ultimo anno di superiori. “Nella comunità non tutte le ragazze frequentano la scuola, a volte i genitori non le lasciano andare anche a causa della povertà.” Per il suo livello di istruzione e le sue capacità – durante la formazione era una delle più partecipi e ricettive – il gruppo “No djubi” l’ha scelta come una delle due contabili.

Aminata è determinata a studiare medicina, risparmiando i soldi che guadagna lavorando la terra durante la stagione delle piogge e chiedendo prestiti dalla cassa del gruppo per pagarsi gli studi a Bissau. “Sento la vocazione dentro di me, voglio dedicare la mia vita per questo.” A differenza di molti giovani della sua età, lei non intende emigrare. “Sono orgogliosa di restare a lavorare nella mia terra.” Quando sarà un medico affermato, desidera aiutare la sua gente costruendo una scuola nella comunità.

Eli Mendes, 42 anni, presidente del gruppo VSL “No djubi”, regge la cassaforte, la “cassa” di risparmio e prestiti della comunità di Beguinge 2.

La leader e presidente del gruppo “No djubi”, Eli Mendes, 42 anni, è sposata e ha 6 figli. Come la maggior parte delle donne del gruppo, anche lei lavora la terra e vende i suoi prodotti al mercato di São Domingos. Con suo marito, divide un campo di anacardi. “Lui è contento che io faccia parte di questo gruppo. Avevo sentito da altre comunità vicine che già avevano una cassa di risparmio così, allora ho manifestato il nostro interesse a Mani Tese.” Con i soldi che riuscirà a risparmiare, Eli vuole comprarsi delle cose per sé, dei terreni da lasciare alla figlia che secondo la tradizione manjaca potrà ereditare solamente quanto appartenuto alla madre.

Isaura Gomes, 30 anni, è sempre stata una donna laboriosa. Non ha potuto rivendicare alcun diritto sulle terre del marito, defunto l’anno scorso, in quanto per la tradizione manjaca una donna può ereditare solo quanto appartenuto alla madre.

Isaura Gomes, 30 anni, è originaria di Caio, nella regione di Cacheu. Nel 1997, tre anni dopo la fondazione del villaggio Beguingue 2, dove sono stati reinsediati i rifugiati senegalesi in Guinea Bissau, la piccola Isaura ha raggiunto la zia che già viveva nel villaggio. In seguito, ha sposato un giovane manjaco con cui ha avuto 5 figli.

L’anno scorso, suo marito è morto dopo una lunga malattia. Faceva l’autista del trasporto pubblico. L’auto che usava nel suo lavoro è stata venduta dai fratelli del marito, teoricamente per sostenere le spese di Isaura e dei suoi figli, rimasti orfani di padre.

In precedenza, suo marito aveva ereditato un campo di anacardi dal padre e ne aveva un altro che condivideva con suo fratello. Al momento, però, sono i fratelli e la famiglia del suo defunto marito a gestire questi campi. Isaura non può rivendicare alcun diritto di eredità e resta esclusa dalla gestione dei campi. Durante la raccolta degli anacardi, viene impiegata come semplice raccoglitrice e viene pagata in percentuale sulla quantità raccolta.

“Continuerò a lottare per la mia sopravvivenza e quella dei miei figli, per questo mi sono iscritta al programma di risparmio e micro-credito della comunità, in modo da avere l’opportunità di beneficiare di finanziamenti per le attività agricole e per la piccola impresa di prodotti locali che intendo avviare”, dichiara Isaura. “Questo mi aiuterà a non perdere la mia dignità e ad affermarmi tra le donne di Beguingue 2.”

Un Indice di Giustizia Ambientale, per affrontare le disuguaglianze e promuovere l’equità globale

Mani Tese pubblica il rapporto “Environmental Global Index – Una mappa globale della Giustizia Ambientale”, realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo e in collaborazione con Università degli Studi di Milano, Politecnico di Milano ed eNextGen

Fin dal 2012, Mani Tese è impegnata attivamente in un lavoro di studio e ricerca sul tema della giustizia ambientale, un argomento di vasta portata e ampiamente dibattuto, le cui radici affondano nella seconda metà del Novecento. Tuttavia, è stato solo nel nuovo millennio che il legame tra giustizia ambientale e sociale ha iniziato a emergere in modo più solido ed evidente, soprattutto dopo l’appuntamento di Kyoto nel 2005. In quel periodo, infatti, l’ampia disparità tra i Paesi del Nord e del Sud del Mondo è diventata una questione centrale, poiché si è reso necessario affrontare la relazione tra le responsabilità storiche, le capacità di azione e gli impatti a lungo termine.

 La creazione di un Indice di Giustizia Ambientale (per accedere alla piattaforma clicca qui), e la pubblicazione del primo rapporto periodico dedicato, rappresentano il culmine di un processo complesso e articolato, che ha visto Mani Tese intrecciare rapporti con istituzioni accademiche (Università degli Studi di Milano e Politecnico di Milano) e realtà scientifiche innovative come eNextGen (spinoff del Politecnico di Milano), grazie al fondamentale contributo di Fondazione Cariplo che, fin da subito, ha creduto nel progetto. Questo percorso ha incluso l’identificazione di indicatori appropriati, provenienti da fonti affidabili e open source, supportati da evidenze scientifiche riconosciute; l’analisi degli stessi, attraverso una metodologia volta a garantire la validità e la rilevanza delle informazioni raccolte; la revisione e l’aggiornamento costante degli indicatori per permettere un calcolo valido, quindi per garantire che l’indice rifletta in modo dinamico l’evoluzione delle problematiche ambientali, nonché le esigenze di interpretazione e aggiornamento nel corso del tempo.

L’intento è stato quello di stimolare un dibattito costruttivo e propositivo intorno al tema delle disuguaglianze ambientali, a livello globale e locale. L’approccio scientifico e rigoroso, unito a una comunicazione chiara e accessibile, si è proposto di offrire uno strumento per monitorare e influenzare politiche ambientali più giuste e sostenibili. In questo senso, pertanto, va inquadrata la scelta di dedicare un’intera sezione del Rapporto a un approfondimento sulla filiera del tessile, settore caratterizzato da gravi fenomeni di ingiustizia ambientale e sociale, con la presentazione di alcuni casi-studio emblematici, che dimostrano, invece, come sia effettivamente possibile un modello di “fare impresa” capace di guardare al cambiamento, all’innovazione e ai processi trasformativi.

Il primo rapporto di Mani Tese sulla Giustizia Ambientale

Il Rapporto “Environmental Global Index – Una mappa globale della Giustizia Ambientale” si avvale dei preziosi contributi di Emanuela Colombo – Professore ordinario e Delegato del Rettore per Science Diplomacy presso il Politecnico di Milano, Giacomo Crevani – Doctoral researcher del Politecnico di Milano, Alice Giulia Dal Borgo – Presidente del Corso di Laurea Triennale in Scienze umane dell’ambiente, del territorio e del paesaggio e docente di Geografia dell’ambiente e del paesaggio e di Analisi dei sistemi paesistico-ambientali presso l’Università degli Studi di Milano, Nicolò Golinucci, Co-founder e CEO di eNextGen SRL, Elisa Lenhard – Referente Educazione alla Cittadinanza Globale e Advocacy di Mani Tese ETS, Margherita Cecilia Maggioni – Junior researcher dell’Università degli Studi di Milano e Francesco Tonini, Senior researcher del Politecnico di Milano. Le conclusioni del Rapporto sono affidate a Marino Langiu, Direttore Generale di Mani Tese ETS

SCARICA IL RAPPORTO COMPLETO QUI.

Arti con Mani

Progetto di Economia Circolare per Giovani

Questo sabato, 15 marzo 2025, prende avvio il progetto di economia circolare per giovani “Arti con Mani”. 

Grazie alla collaborazione tra Libera Compagnia di Arti e Mestieri Sociali e Mani Tese, un gruppo di giovani delle scuole superiori potrà partecipare a un laboratorio di selezione e smistamento di beni di seconda mano destinati alla vendita nel mercato dell’usato solidale gestito da Cooperativa Sociale Mani Tese Onlus (sede di Gorgonzola in Via Giuseppe Parini, 60).

L’idea è nata durante un lavoro di gruppo svolto proprio da volontari e volontarie di Libera Compagnia di Arti e Mestieri Sociali e Mani Tese, nell’ambito della loro formazione per il Servizio Civile Universale.

Il progetto, articolato in 5 appuntamenti che si terranno di sabato, ha l’obiettivo di permettere a ragazzi e ragazze di conoscere una realtà di volontariato nel proprio territorio, imparare a valorizzare articoli di seconda mano di varia tipologia per rimetterli in circolo, lavorare in team, socializzare, maturare responsabilità e autonomia, nonché trovare nuovi stimoli per attività ricreative.

Speriamo che questa iniziativa possa non solo sensibilizzare le nuove generazioni sui temi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, contribuendo così a creare una comunità più consapevole e inclusiva, ma anche offrire loro un’esperienza pratica arricchente dal punto di vista personale.

Empowerment femminile, dalle statistiche globali alle esperienze locali

Partecipazione economica e opportunità, livello di istruzione, salute e sopravvivenza, empowerment politico: il nostro impegno in India con le organizzazioni Save e Fedina contro le disuguaglianze di genere.

L’ultimo rapporto Global Gender Gap pubblicato dal World Economic Forum evidenzia un triste dato statistico: il divario di genere globale nel 2023 era del 68,4%, nel 2024 68,5%, una crescita a un ritmo glaciale che non fa ben sperare circa il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2030, sebbene esistano esempi decisamente positivi, come l’Islanda, che, con i suoi 396 187 abitanti, ottiene un fantastico primato con il 93,5%. Dobbiamo, per contro, constatare un’Italia ancora sottotono, 69,2%, nonostante abbia registrato uno dei progressi più significativi dal 2010, con un aumento di 15,9 punti percentuali. Rispetto all’educazione e formazione, solo un terzo sceglie materie scientifiche: il rapporto fra specialisti ICT è 1 donna su 6. E le donne guadagnano quasi il 20% in meno degli uomini. Ci vorranno 134 anni per raggiungere la piena parità, sottolinea il rapporto del World Economic Forum.

Le diseguaglianze di genere in India

Espandendo lo sguardo oltre i confini europei e concentrandosi su uno dei Paesi che ha registrato una notevole crescita economica negli ultimi anni, ma che allo stesso tempo affronta crescenti disuguaglianze sociali, emerge un quadro complesso. L’India, infatti, si posiziona al 129° posto su 146 Paesi nel Global Gender Gap Index, e, nonostante alcuni progressi apparenti in alcuni settori, la disuguaglianza di genere rimane una questione centrale. Il Global Gender Gap Index, è una misura sintetica che raccoglie informazioni da quattro aree principali: partecipazione economica e opportunità, livello di istruzione, salute e sopravvivenza, e empowerment politico. Ogni area è composta da più indicatori specifici. Il punteggio dell’indice va da 0 a 1, dove 1 rappresenta la parità totale tra i generi. Tuttavia, è importante sottolineare che questo indice si concentra sulle differenze di genere, mettendo in evidenza la posizione relativa delle donne rispetto agli uomini, piuttosto che una valutazione assoluta delle loro condizioni.

In India, quasi il 90% della forza lavoro è impiegata nel settore informale, dove le donne, in particolare, si trovano a fronteggiare enormi difficoltà. Questa situazione è alimentata da un profondo squilibrio nelle relazioni di potere che caratterizzano il mondo del lavoro. L’asimmetria di potere tra datori di lavoro e lavoratrici ha un impatto diretto sull’accesso delle donne a condizioni di lavoro dignitose e sulla loro capacità di mantenerle, creando una barriera invisibile ma solida che ostacola ogni tipo di progressione sociale ed economica. Le donne nel settore informale sono, infatti, tra le più vulnerabili: spesso non hanno accesso a contratti ufficiali, diritti lavorativi garantiti o protezioni legali. Non solo sono escluse dai benefici delle politiche di welfare, ma sono anche privi di potere contrattuale, il che le espone a forme di sfruttamento quotidiano, abuso e discriminazione. Questo scenario perpetua un ciclo di povertà, disuguaglianza e marginalizzazione che, con il passare del tempo, diventa sempre più difficile da interrompere. Il mondo del tessile, ad esempio, tanto esplorato in più circostanze da Mani Tese, storicamente, ha visto un’alta partecipazione femminile, e sebbene in contesti diversi, continuano a essere le principali protagoniste di un mercato profondamente segnato da dinamiche di sfruttamento e disuguaglianza.

Il lavoro di Mani Tese con le organizzazioni locali Save e Fedina

L’India sta affrontando una crisi di disuguaglianza di genere che va ben oltre le difficoltà nel mondo del lavoro. Un divario che si amplifica in modo drammatico man mano che si scende con l’età delle ragazze, creando un ciclo di svantaggi che colpisce profondamente la società su più fronti. “In risposta a questa crescente problematica, grazie al lavoro comune con le organizzazioni locali SAVE e FEDINA, operiamo per ridurre le disuguaglianze e migliorare la condizione delle donne, soprattutto nelle fasce più vulnerabili”. Si tratta di promuovere e implementare un approccio che prevede l’integrazione dell’empowerment femminile in tutte le politiche economiche, sociali e culturali, con l’obiettivo di promuovere un cambiamento che vada oltre la mera creazione di opportunità di lavoro. Questo approccio prevede una riconsiderazione delle strutture di potere, al fine di garantire che le donne dispongano degli strumenti necessari per negoziare migliori condizioni lavorative, affrontare le barriere socio-culturali e costruire una rete di supporto in grado di aiutarle a superare le difficoltà legate alla discriminazione e alla disuguaglianza. “L’obiettivo è fornire strumenti concreti per abbattere le barriere e permettere alle donne di esercitare il proprio potere economico, sociale e politico, contribuendo così in modo decisivo al progresso collettivo”.

(Le immagini in questa pagina sono di @FEDINA – Foundation for Educational Innovations in Asia)

Pacchetto Omnibus: Dietro il Sipario della Semplificazione Legislativa

Una revisione che mette a rischio i diritti umani, l’ambiente e la trasparenza normativa

A pochi mesi dall’approvazione della Direttiva sulla Due Diligence delle Imprese in materia di sostenibilità (CS3D), pubblicata nella Gazzetta Europea il 5 luglio 2024, i suoi principi fondamentali sono già messi in discussione. Ieri, 26 febbraio, il Commissario per l’Economia e la Produttività, nonché per l’Attuazione e la Semplificazione, Vladis Dombrovskis, ha annunciato il tanto atteso pacchetto Omnibus, già anticipato dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nel novembre 2024.

Il pacchetto Omnibus, che punta alla semplificazione normativa per le imprese con l’obiettivo dichiarato di migliorare l’efficienza procedurale e ridurre gli oneri economici, in realtà mina l’efficacia delle normative sulla responsabilità d’impresa.

Ad esempio, nel contesto delle filiere produttive, mentre la CS3D garantiva un monitoraggio su tutta la catena del valore per prevenire violazioni dei diritti umani e danni ambientali, la proposta Omnibus limita l’obbligatorietà della due diligence alle sole operazioni dei partner diretti. Questo approccio esclude dal controllo le violazioni più gravi, che spesso si verificano nelle fasi più profonde delle filiere, dove si registrano abusi e atti discriminatori.

Noi di Mani Tese, in qualità di co-coordinatori della Campagna Impresa 2030 – una coalizione italiana di organizzazioni della società civile impegnate nella difesa dei diritti umani e ambientali – esprimiamo un forte disappunto per questo provvedimento. La modifica proposta dal pacchetto Omnibus svuota la Direttiva sulla Due Diligence dai suoi principi chiave, mettendo a rischio anche gli investimenti di quelle imprese che avevano accolto la direttiva come un’opportunità per una regolamentazione più chiara e coerente.

Questo provvedimento frena il progresso verso un mondo più giusto e sostenibile, compromettendo la possibilità di migliorare le condizioni di lavoro, specialmente nei Paesi del Global South. Proprio in questi contesti, dove Mani Tese opera da oltre 60 anni, le parti più vulnerabili della catena del valore sono quelle più esposte a violazioni dei diritti dei lavoratori.

I punti più allarmanti della proposta

  1. Minaccia al processo democratico che ha portato all’approvazione della legge.
  2. Falsa semplificazione, che non affronta i problemi reali e riduce gli obblighi delle aziende, lasciando in sospeso gli impegni climatici nell’ambito dell’Accordo di Parigi.
  3. Limitazione della due diligence ai soli partner commerciali diretti, trascurando le violazioni più gravi che avvengono nelle fasi più profonde delle filiere.
  4. Riduzione del monitoraggio delle politiche aziendali, che passerebbe da un controllo annuale a uno ogni cinque anni.
  5. Eliminazione di meccanismi essenziali di applicazione, come il diritto di accesso alla giustizia per le vittime di abusi, rendendolo più difficile da esercitare.

Queste modifiche riducono l’efficacia della direttiva e la pongono in contrasto con gli standard internazionali di responsabilità aziendale. Il rischio è di trasformarla in un mero esercizio burocratico, lontano dall’obiettivo di una vera sostenibilità d’impresa e con gravi conseguenze per l’ambiente e per i diritti delle persone coinvolte nelle filiere produttive.

Il pacchetto Omnibus non solo compromette la giustizia sociale e ambientale, ma mina anche la stabilità economica e l’efficacia degli interventi a lungo termine. La Cocoa Coalition, ad esempio, ha avvertito in una dichiarazione del 20 gennaio 2025 che modificare la CSDDD potrebbe portare a una frammentazione normativa tra gli Stati membri, aumentando i costi di conformità senza generare benefici concreti.

Un attacco al sistema democratico decisionale

La riapertura della Direttiva sulla Due Diligence attraverso il pacchetto Omnibus rappresenta un attacco al sistema democratico per diversi motivi:

  • Minaccia al processo legislativo partecipativo: La direttiva è stata il risultato di un lungo processo che ha coinvolto il Parlamento Europeo, il Consiglio dell’Unione Europea e numerosi stakeholder, inclusi gruppi della società civile, sindacati e imprese. Riaprirla senza un adeguato coinvolgimento delle stesse parti rischia di escludere voci cruciali e compromettere la legittimità del processo decisionale.
  • Sottrazione di trasparenza e responsabilità: L’approvazione della direttiva ha seguito un iter chiaro e pubblico, con ampie consultazioni. La revisione, invece, rischia di avvenire senza il necessario scrutinio pubblico, riducendo la trasparenza e la responsabilità politica.
  • Incoerenza con il principio di co-creazione delle politiche: La direttiva è stata elaborata in un contesto di cooperazione tra istituzioni europee e stakeholder, garantendo regole chiare e condivise. Il pacchetto Omnibus ignora questo processo collaborativo e mette a rischio la coerenza normativa europea.
  • Indebolimento dei diritti e delle protezioni: Le modifiche che riducono gli obblighi aziendali in termini di trasparenza e responsabilità verso i diritti umani e l’ambiente rischiano di svuotare la legge dei suoi principi fondamentali. Limitare la due diligence ai soli partner commerciali diretti o ridurre i meccanismi di monitoraggio significa minare la protezione delle persone e dell’ambiente.

Questo provvedimento mantiene un modello di business che ignora le emergenze climatiche e sociali, rifiutando ogni azione coraggiosa per affrontare la crisi, esprimendo un’Europa debole, che dimostra incoerenza e una preoccupante vulnerabilità ad influenze esterne. 

Leggi il comunicato stampa di Impresa2030 qui.

Eureka! Al via i percorsi di educazione e partecipazione attiva

Promosso da Mani Tese, Spazio Pensiero e Bipart, Eureka! vuole contrastare la dispersione scolastica e prevenire le cause dell’abbandono favorendo il protagonismo dei giovani preadolescenti e rafforzando le loro competenze di cittadinanza.

Il progetto Eureka!  è partito con i percorsi di educazione e partecipazione attiva alla vita comunitaria rivolti alle ragazze e ai ragazzi degli Istituti Comprensivi di Milano e dei Comuni limitrofi. Promosso da Mani Tese, Spazio Pensiero e Bipart, Eureka! vuole contrastare la dispersione scolastica e prevenire le cause dell’abbandono favorendo il protagonismo dei giovani preadolescenti e rafforzando le loro competenze di cittadinanza. Eureka! è un progetto sostenuto dal Dipartimento per le politiche della famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Le idee delle ragazze e dei ragazzi trasformano la scuola

 “Il Progetto Eureka! si inserisce in un contesto di forte impegno da parte di Mani Tese nella lotta contro le povertà educative. La povertà educativa rappresenta una delle sfide sociali più gravi e complesse del nostro tempo e siamo convinti che solo un approccio preventivo e integrato possa contribuire a cambiare davvero le cose” afferma Elisa Lenhard, Referente Educazione alla Cittadinanza Globale e Advocacy di Mani Tese.

“Crediamo in un modello di intervento che non si limita a rispondere a bisogni immediati, ma che punta a costruire un sistema di supporto solido e duraturo, promuovendo il senso di appartenenza e incentivando i valori di  cittadinanza attiva tra ragazzi e ragazze, attraverso la partecipazione responsabile e consapevole. In un periodo come quello attuale, in cui la decisione del Governo di non rinnovare il Fondo per il contrasto alla povertà educativa ha creato un ulteriore vuoto di risorse, il nostro operato assume un valore ancora più importante. Il Fondo rappresentava un tentativo concreto di affrontare una delle problematiche più gravi del nostro paese. Secondo i dati ufficiali dell’ISTAT, sono 1,29 milioni i minori che vivono in povertà assoluta, un dato allarmante che sottolinea l’urgenza di interventi strutturati. La povertà educativa è strettamente legata a questo fenomeno e rischia di creare un circolo vizioso che compromette il futuro di intere generazioni”.

La dispersione scolastica, uno degli aspetti più drammatici della povertà educativa, è un fenomeno che colpisce in modo devastante le vite di molti giovani, impedendo loro di accedere alle opportunità che una buona educazione potrebbe offrire. Per questo motivo, il Progetto Eureka! non si limita a interventi isolati sul singolo studente o sulla singola studentessa, ma si impegna a rafforzare il legame tra i giovani e le loro scuole e tra le scuole e le comunità locali, con l’intento di creare un sistema di supporto integrato. In questo modo la scuola può diventare un luogo di partecipazione attiva, dove i ragazzi e le ragazze possano sentirsi protagonisti e impegnarsi concretamente per migliorare il proprio contesto sociale e ambientale. La cittadinanza attiva non è un concetto astratto, sono le azioni concrete che trasformano le nostre comunità!”.

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Burkina Faso, quando le donne rilanciano le colture trascurate

Il progetto, finanziato da Alliance Bioversity & CIAT e realizzato da Mani Tese, si è posto l’obiettivo di valorizzare le specie trascurate e sottoutilizzate per favorire sostenibilità e sicurezza alimentare

Con risultati interessanti e indicazioni promettenti per il futuro, è giunta a conclusione un’iniziativa di Mani Tese in Burkina Faso: grazie al co-finanziamento di Alliance Bioversity & CIAT, “Valorizzazione delle NUS (Neglected and underutilized species) e sostegno alla trasformazione nella Grande Ouaga” ha avuto una forte partecipazione della comunità di Loumbila, in particolare del gruppo di donne trasformatrici dell’Unione dei Produttori di Loumbila Nanglobzanga. L’iniziativa ha puntato a valorizzare queste specie per i loro benefici nutrizionali ed economici, nonché per la sostenibilità dei sistemi alimentari locali. Due gli aspetti principali del progetto: miglior conoscenza delle NUS e degli scambi informativi e la loro valorizzazione attraverso processi di trasformazione agroalimentare.

Analisi di mercato: criticità e opportunità delle NUS

Per quanto riguarda il primo risultato, è stata condotta un’analisi di mercato dettagliata che ha permesso di identificare i principali attori della filiera delle NUS: produttori, trasformatori e consumatori. Le indagini e le interviste condotte con ristoranti, hotel e punti vendita hanno fornito informazioni cruciali sulla domanda esistente di prodotti a base di NUS. Sono stati raggiunti 111 attori rispetto agli 85 inizialmente previsti. Lo studio si è focalizzato sulla zona denominata della Grand-Ouaga che include la capitale Ouagadougou, ma anche numerosi comuni periurbani che costituiscono ormai un’estensione della capitale stessa. Questi comuni sono molto importanti per l’approvvigionamento dei prodotti freschi e trasformati che poi arrivano nella città, un obiettivo essenziale verso la sicurezza alimentare endogena per una città che oggi ha una popolazione che supera ampiamente 2 milioni di persone e un ritmo di crescita molto elevato, di circa 300mila unità all’anno. I dati sono stati poi condivisi durante workshop che hanno favorito lo scambio di informazioni e buone pratiche tra gli attori coinvolti, creando reti collaborative che hanno rafforzato la filiera agroalimentare locale.

Questo studio sul mercato delle NUS nella zona della Grand-Ouaga, ha rivelato che, nonostante l’interesse crescente per le NUS, ci sono ancora ostacoli significativi alla loro diffusione. Le principali barriere identificate includono la disponibilità limitata di alcuni prodotti nei mercati urbani, il prezzo elevato dei prodotti trasformati e la scarsa conoscenza dei benefici nutrizionali di queste specie. Inoltre, la mancanza di diversità nelle ricette e la scarsa integrazione di queste piante nelle abitudini alimentari quotidiane rappresentano ulteriori sfide.

Tuttavia, sono emerse anche interessanti opportunità. Le cantine scolastiche potrebbero costituire un canale importante per introdurre le NUS nelle abitudini alimentari dei giovani, mentre i punti di distribuzione come i mercati locali e i supermercati stanno gradualmente integrando questi prodotti nei loro assortimenti. In particolare, la domanda di patata dolce e oseille di Guinea (bissap) è in forte crescita, sia per i prodotti freschi sia trasformati. L’indagine ha anche stimolato un grande interesse per l’espansione della gamma di prodotti trasformati a base di NUS, alimentando la consapevolezza e l’educazione al consumo di prodotti locali, che, pur essendo ancora poco conosciuti, presentano ampi margini di sviluppo.

Un’occasione di crescita per le donne trasformatrici

Un altro aspetto cruciale emerso è la necessità di costruire solide relazioni tra i vari attori della filiera, come produttori, trasformatori e rivenditori, per garantire un flusso continuo di NUS fresche o trasformate. La creazione di una rete di collaborazione tra queste diverse parti è fondamentale per superare le barriere alla diffusione di questi prodotti, come la disponibilità limitata e il costo elevato dei prodotti trasformati.

Per quanto riguarda la trasformazione, il progetto ha posto un’enfasi particolare sul rafforzamento delle competenze delle donne trasformatrici, con l’obiettivo di integrare le NUS nelle loro produzioni. Sono state organizzate attività formative che hanno combinato tecniche tradizionali con innovazioni per diversificare i prodotti e migliorarne la qualità. Inoltre, sono stati inclusi corsi sulle normative HACCP, per preparare il gruppo a soddisfare i requisiti necessari per una futura certificazione di qualità. Sono stati migliorati anche le infrastrutture e i materiali di trasformazione con la ristrutturazione degli spazi e la dotazione di nuovi macchinari (essiccatoio solare, frigo ad energia solare, un mulino multifunzione per prodotti secchi e freschi), con un’attenzione particolare alle normative igieniche e alle pratiche sicure nella lavorazione degli alimenti. Le donne hanno iniziato anche a cercare attivamente nuovi fornitori e strategie di vendita, dimostrando come il progetto abbia creato un ambiente positivo che stimola la crescita personale e collettiva, promuovendo la sostenibilità a lungo termine. Un ulteriore riprova dell’impatto significativo non solo nello stimolare la valorizzazione delle NUS, ma anche nel rafforzare l’autonomia delle comunità locali, in particolare delle donne, creando un ambiente più resiliente e inclusivo per le comunità del Grande Ouaga.