Empowerment femminile, dalle statistiche globali alle esperienze locali

Partecipazione economica e opportunità, livello di istruzione, salute e sopravvivenza, empowerment politico: il nostro impegno in India con le organizzazioni Save e Fedina contro le disuguaglianze di genere.

L’ultimo rapporto Global Gender Gap pubblicato dal World Economic Forum evidenzia un triste dato statistico: il divario di genere globale nel 2023 era del 68,4%, nel 2024 68,5%, una crescita a un ritmo glaciale che non fa ben sperare circa il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2030, sebbene esistano esempi decisamente positivi, come l’Islanda, che, con i suoi 396 187 abitanti, ottiene un fantastico primato con il 93,5%. Dobbiamo, per contro, constatare un’Italia ancora sottotono, 69,2%, nonostante abbia registrato uno dei progressi più significativi dal 2010, con un aumento di 15,9 punti percentuali. Rispetto all’educazione e formazione, solo un terzo sceglie materie scientifiche: il rapporto fra specialisti ICT è 1 donna su 6. E le donne guadagnano quasi il 20% in meno degli uomini. Ci vorranno 134 anni per raggiungere la piena parità, sottolinea il rapporto del World Economic Forum.

Le diseguaglianze di genere in India

Espandendo lo sguardo oltre i confini europei e concentrandosi su uno dei Paesi che ha registrato una notevole crescita economica negli ultimi anni, ma che allo stesso tempo affronta crescenti disuguaglianze sociali, emerge un quadro complesso. L’India, infatti, si posiziona al 129° posto su 146 Paesi nel Global Gender Gap Index, e, nonostante alcuni progressi apparenti in alcuni settori, la disuguaglianza di genere rimane una questione centrale. Il Global Gender Gap Index, è una misura sintetica che raccoglie informazioni da quattro aree principali: partecipazione economica e opportunità, livello di istruzione, salute e sopravvivenza, e empowerment politico. Ogni area è composta da più indicatori specifici. Il punteggio dell’indice va da 0 a 1, dove 1 rappresenta la parità totale tra i generi. Tuttavia, è importante sottolineare che questo indice si concentra sulle differenze di genere, mettendo in evidenza la posizione relativa delle donne rispetto agli uomini, piuttosto che una valutazione assoluta delle loro condizioni.

In India, quasi il 90% della forza lavoro è impiegata nel settore informale, dove le donne, in particolare, si trovano a fronteggiare enormi difficoltà. Questa situazione è alimentata da un profondo squilibrio nelle relazioni di potere che caratterizzano il mondo del lavoro. L’asimmetria di potere tra datori di lavoro e lavoratrici ha un impatto diretto sull’accesso delle donne a condizioni di lavoro dignitose e sulla loro capacità di mantenerle, creando una barriera invisibile ma solida che ostacola ogni tipo di progressione sociale ed economica. Le donne nel settore informale sono, infatti, tra le più vulnerabili: spesso non hanno accesso a contratti ufficiali, diritti lavorativi garantiti o protezioni legali. Non solo sono escluse dai benefici delle politiche di welfare, ma sono anche privi di potere contrattuale, il che le espone a forme di sfruttamento quotidiano, abuso e discriminazione. Questo scenario perpetua un ciclo di povertà, disuguaglianza e marginalizzazione che, con il passare del tempo, diventa sempre più difficile da interrompere. Il mondo del tessile, ad esempio, tanto esplorato in più circostanze da Mani Tese, storicamente, ha visto un’alta partecipazione femminile, e sebbene in contesti diversi, continuano a essere le principali protagoniste di un mercato profondamente segnato da dinamiche di sfruttamento e disuguaglianza.

Il lavoro di Mani Tese con le organizzazioni locali Save e Fedina

L’India sta affrontando una crisi di disuguaglianza di genere che va ben oltre le difficoltà nel mondo del lavoro. Un divario che si amplifica in modo drammatico man mano che si scende con l’età delle ragazze, creando un ciclo di svantaggi che colpisce profondamente la società su più fronti. “In risposta a questa crescente problematica, grazie al lavoro comune con le organizzazioni locali SAVE e FEDINA, operiamo per ridurre le disuguaglianze e migliorare la condizione delle donne, soprattutto nelle fasce più vulnerabili”. Si tratta di promuovere e implementare un approccio che prevede l’integrazione dell’empowerment femminile in tutte le politiche economiche, sociali e culturali, con l’obiettivo di promuovere un cambiamento che vada oltre la mera creazione di opportunità di lavoro. Questo approccio prevede una riconsiderazione delle strutture di potere, al fine di garantire che le donne dispongano degli strumenti necessari per negoziare migliori condizioni lavorative, affrontare le barriere socio-culturali e costruire una rete di supporto in grado di aiutarle a superare le difficoltà legate alla discriminazione e alla disuguaglianza. “L’obiettivo è fornire strumenti concreti per abbattere le barriere e permettere alle donne di esercitare il proprio potere economico, sociale e politico, contribuendo così in modo decisivo al progresso collettivo”.

(Le immagini in questa pagina sono di @FEDINA – Foundation for Educational Innovations in Asia)

Pacchetto Omnibus: Dietro il Sipario della Semplificazione Legislativa

Una revisione che mette a rischio i diritti umani, l’ambiente e la trasparenza normativa

A pochi mesi dall’approvazione della Direttiva sulla Due Diligence delle Imprese in materia di sostenibilità (CS3D), pubblicata nella Gazzetta Europea il 5 luglio 2024, i suoi principi fondamentali sono già messi in discussione. Ieri, 26 febbraio, il Commissario per l’Economia e la Produttività, nonché per l’Attuazione e la Semplificazione, Vladis Dombrovskis, ha annunciato il tanto atteso pacchetto Omnibus, già anticipato dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nel novembre 2024.

Il pacchetto Omnibus, che punta alla semplificazione normativa per le imprese con l’obiettivo dichiarato di migliorare l’efficienza procedurale e ridurre gli oneri economici, in realtà mina l’efficacia delle normative sulla responsabilità d’impresa.

Ad esempio, nel contesto delle filiere produttive, mentre la CS3D garantiva un monitoraggio su tutta la catena del valore per prevenire violazioni dei diritti umani e danni ambientali, la proposta Omnibus limita l’obbligatorietà della due diligence alle sole operazioni dei partner diretti. Questo approccio esclude dal controllo le violazioni più gravi, che spesso si verificano nelle fasi più profonde delle filiere, dove si registrano abusi e atti discriminatori.

Noi di Mani Tese, in qualità di co-coordinatori della Campagna Impresa 2030 – una coalizione italiana di organizzazioni della società civile impegnate nella difesa dei diritti umani e ambientali – esprimiamo un forte disappunto per questo provvedimento. La modifica proposta dal pacchetto Omnibus svuota la Direttiva sulla Due Diligence dai suoi principi chiave, mettendo a rischio anche gli investimenti di quelle imprese che avevano accolto la direttiva come un’opportunità per una regolamentazione più chiara e coerente.

Questo provvedimento frena il progresso verso un mondo più giusto e sostenibile, compromettendo la possibilità di migliorare le condizioni di lavoro, specialmente nei Paesi del Global South. Proprio in questi contesti, dove Mani Tese opera da oltre 60 anni, le parti più vulnerabili della catena del valore sono quelle più esposte a violazioni dei diritti dei lavoratori.

I punti più allarmanti della proposta

  1. Minaccia al processo democratico che ha portato all’approvazione della legge.
  2. Falsa semplificazione, che non affronta i problemi reali e riduce gli obblighi delle aziende, lasciando in sospeso gli impegni climatici nell’ambito dell’Accordo di Parigi.
  3. Limitazione della due diligence ai soli partner commerciali diretti, trascurando le violazioni più gravi che avvengono nelle fasi più profonde delle filiere.
  4. Riduzione del monitoraggio delle politiche aziendali, che passerebbe da un controllo annuale a uno ogni cinque anni.
  5. Eliminazione di meccanismi essenziali di applicazione, come il diritto di accesso alla giustizia per le vittime di abusi, rendendolo più difficile da esercitare.

Queste modifiche riducono l’efficacia della direttiva e la pongono in contrasto con gli standard internazionali di responsabilità aziendale. Il rischio è di trasformarla in un mero esercizio burocratico, lontano dall’obiettivo di una vera sostenibilità d’impresa e con gravi conseguenze per l’ambiente e per i diritti delle persone coinvolte nelle filiere produttive.

Il pacchetto Omnibus non solo compromette la giustizia sociale e ambientale, ma mina anche la stabilità economica e l’efficacia degli interventi a lungo termine. La Cocoa Coalition, ad esempio, ha avvertito in una dichiarazione del 20 gennaio 2025 che modificare la CSDDD potrebbe portare a una frammentazione normativa tra gli Stati membri, aumentando i costi di conformità senza generare benefici concreti.

Un attacco al sistema democratico decisionale

La riapertura della Direttiva sulla Due Diligence attraverso il pacchetto Omnibus rappresenta un attacco al sistema democratico per diversi motivi:

  • Minaccia al processo legislativo partecipativo: La direttiva è stata il risultato di un lungo processo che ha coinvolto il Parlamento Europeo, il Consiglio dell’Unione Europea e numerosi stakeholder, inclusi gruppi della società civile, sindacati e imprese. Riaprirla senza un adeguato coinvolgimento delle stesse parti rischia di escludere voci cruciali e compromettere la legittimità del processo decisionale.
  • Sottrazione di trasparenza e responsabilità: L’approvazione della direttiva ha seguito un iter chiaro e pubblico, con ampie consultazioni. La revisione, invece, rischia di avvenire senza il necessario scrutinio pubblico, riducendo la trasparenza e la responsabilità politica.
  • Incoerenza con il principio di co-creazione delle politiche: La direttiva è stata elaborata in un contesto di cooperazione tra istituzioni europee e stakeholder, garantendo regole chiare e condivise. Il pacchetto Omnibus ignora questo processo collaborativo e mette a rischio la coerenza normativa europea.
  • Indebolimento dei diritti e delle protezioni: Le modifiche che riducono gli obblighi aziendali in termini di trasparenza e responsabilità verso i diritti umani e l’ambiente rischiano di svuotare la legge dei suoi principi fondamentali. Limitare la due diligence ai soli partner commerciali diretti o ridurre i meccanismi di monitoraggio significa minare la protezione delle persone e dell’ambiente.

Questo provvedimento mantiene un modello di business che ignora le emergenze climatiche e sociali, rifiutando ogni azione coraggiosa per affrontare la crisi, esprimendo un’Europa debole, che dimostra incoerenza e una preoccupante vulnerabilità ad influenze esterne. 

Leggi il comunicato stampa di Impresa2030 qui.

Eureka! Al via i percorsi di educazione e partecipazione attiva

Promosso da Mani Tese, Spazio Pensiero e Bipart, Eureka! vuole contrastare la dispersione scolastica e prevenire le cause dell’abbandono favorendo il protagonismo dei giovani preadolescenti e rafforzando le loro competenze di cittadinanza.

Il progetto Eureka!  è partito con i percorsi di educazione e partecipazione attiva alla vita comunitaria rivolti alle ragazze e ai ragazzi degli Istituti Comprensivi di Milano e dei Comuni limitrofi. Promosso da Mani Tese, Spazio Pensiero e Bipart, Eureka! vuole contrastare la dispersione scolastica e prevenire le cause dell’abbandono favorendo il protagonismo dei giovani preadolescenti e rafforzando le loro competenze di cittadinanza. Eureka! è un progetto sostenuto dal Dipartimento per le politiche della famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Le idee delle ragazze e dei ragazzi trasformano la scuola

 “Il Progetto Eureka! si inserisce in un contesto di forte impegno da parte di Mani Tese nella lotta contro le povertà educative. La povertà educativa rappresenta una delle sfide sociali più gravi e complesse del nostro tempo e siamo convinti che solo un approccio preventivo e integrato possa contribuire a cambiare davvero le cose” afferma Elisa Lenhard, Referente Educazione alla Cittadinanza Globale e Advocacy di Mani Tese.

“Crediamo in un modello di intervento che non si limita a rispondere a bisogni immediati, ma che punta a costruire un sistema di supporto solido e duraturo, promuovendo il senso di appartenenza e incentivando i valori di  cittadinanza attiva tra ragazzi e ragazze, attraverso la partecipazione responsabile e consapevole. In un periodo come quello attuale, in cui la decisione del Governo di non rinnovare il Fondo per il contrasto alla povertà educativa ha creato un ulteriore vuoto di risorse, il nostro operato assume un valore ancora più importante. Il Fondo rappresentava un tentativo concreto di affrontare una delle problematiche più gravi del nostro paese. Secondo i dati ufficiali dell’ISTAT, sono 1,29 milioni i minori che vivono in povertà assoluta, un dato allarmante che sottolinea l’urgenza di interventi strutturati. La povertà educativa è strettamente legata a questo fenomeno e rischia di creare un circolo vizioso che compromette il futuro di intere generazioni”.

La dispersione scolastica, uno degli aspetti più drammatici della povertà educativa, è un fenomeno che colpisce in modo devastante le vite di molti giovani, impedendo loro di accedere alle opportunità che una buona educazione potrebbe offrire. Per questo motivo, il Progetto Eureka! non si limita a interventi isolati sul singolo studente o sulla singola studentessa, ma si impegna a rafforzare il legame tra i giovani e le loro scuole e tra le scuole e le comunità locali, con l’intento di creare un sistema di supporto integrato. In questo modo la scuola può diventare un luogo di partecipazione attiva, dove i ragazzi e le ragazze possano sentirsi protagonisti e impegnarsi concretamente per migliorare il proprio contesto sociale e ambientale. La cittadinanza attiva non è un concetto astratto, sono le azioni concrete che trasformano le nostre comunità!”.

Segui Eureka! e aderisci alla piattaforma eureka.bipart.it

Burkina Faso, quando le donne rilanciano le colture trascurate

Il progetto, finanziato da Alliance Bioversity & CIAT e realizzato da Mani Tese, si è posto l’obiettivo di valorizzare le specie trascurate e sottoutilizzate per favorire sostenibilità e sicurezza alimentare

Con risultati interessanti e indicazioni promettenti per il futuro, è giunta a conclusione un’iniziativa di Mani Tese in Burkina Faso: grazie al co-finanziamento di Alliance Bioversity & CIAT, “Valorizzazione delle NUS (Neglected and underutilized species) e sostegno alla trasformazione nella Grande Ouaga” ha avuto una forte partecipazione della comunità di Loumbila, in particolare del gruppo di donne trasformatrici dell’Unione dei Produttori di Loumbila Nanglobzanga. L’iniziativa ha puntato a valorizzare queste specie per i loro benefici nutrizionali ed economici, nonché per la sostenibilità dei sistemi alimentari locali. Due gli aspetti principali del progetto: miglior conoscenza delle NUS e degli scambi informativi e la loro valorizzazione attraverso processi di trasformazione agroalimentare.

Analisi di mercato: criticità e opportunità delle NUS

Per quanto riguarda il primo risultato, è stata condotta un’analisi di mercato dettagliata che ha permesso di identificare i principali attori della filiera delle NUS: produttori, trasformatori e consumatori. Le indagini e le interviste condotte con ristoranti, hotel e punti vendita hanno fornito informazioni cruciali sulla domanda esistente di prodotti a base di NUS. Sono stati raggiunti 111 attori rispetto agli 85 inizialmente previsti. Lo studio si è focalizzato sulla zona denominata della Grand-Ouaga che include la capitale Ouagadougou, ma anche numerosi comuni periurbani che costituiscono ormai un’estensione della capitale stessa. Questi comuni sono molto importanti per l’approvvigionamento dei prodotti freschi e trasformati che poi arrivano nella città, un obiettivo essenziale verso la sicurezza alimentare endogena per una città che oggi ha una popolazione che supera ampiamente 2 milioni di persone e un ritmo di crescita molto elevato, di circa 300mila unità all’anno. I dati sono stati poi condivisi durante workshop che hanno favorito lo scambio di informazioni e buone pratiche tra gli attori coinvolti, creando reti collaborative che hanno rafforzato la filiera agroalimentare locale.

Questo studio sul mercato delle NUS nella zona della Grand-Ouaga, ha rivelato che, nonostante l’interesse crescente per le NUS, ci sono ancora ostacoli significativi alla loro diffusione. Le principali barriere identificate includono la disponibilità limitata di alcuni prodotti nei mercati urbani, il prezzo elevato dei prodotti trasformati e la scarsa conoscenza dei benefici nutrizionali di queste specie. Inoltre, la mancanza di diversità nelle ricette e la scarsa integrazione di queste piante nelle abitudini alimentari quotidiane rappresentano ulteriori sfide.

Tuttavia, sono emerse anche interessanti opportunità. Le cantine scolastiche potrebbero costituire un canale importante per introdurre le NUS nelle abitudini alimentari dei giovani, mentre i punti di distribuzione come i mercati locali e i supermercati stanno gradualmente integrando questi prodotti nei loro assortimenti. In particolare, la domanda di patata dolce e oseille di Guinea (bissap) è in forte crescita, sia per i prodotti freschi sia trasformati. L’indagine ha anche stimolato un grande interesse per l’espansione della gamma di prodotti trasformati a base di NUS, alimentando la consapevolezza e l’educazione al consumo di prodotti locali, che, pur essendo ancora poco conosciuti, presentano ampi margini di sviluppo.

Un’occasione di crescita per le donne trasformatrici

Un altro aspetto cruciale emerso è la necessità di costruire solide relazioni tra i vari attori della filiera, come produttori, trasformatori e rivenditori, per garantire un flusso continuo di NUS fresche o trasformate. La creazione di una rete di collaborazione tra queste diverse parti è fondamentale per superare le barriere alla diffusione di questi prodotti, come la disponibilità limitata e il costo elevato dei prodotti trasformati.

Per quanto riguarda la trasformazione, il progetto ha posto un’enfasi particolare sul rafforzamento delle competenze delle donne trasformatrici, con l’obiettivo di integrare le NUS nelle loro produzioni. Sono state organizzate attività formative che hanno combinato tecniche tradizionali con innovazioni per diversificare i prodotti e migliorarne la qualità. Inoltre, sono stati inclusi corsi sulle normative HACCP, per preparare il gruppo a soddisfare i requisiti necessari per una futura certificazione di qualità. Sono stati migliorati anche le infrastrutture e i materiali di trasformazione con la ristrutturazione degli spazi e la dotazione di nuovi macchinari (essiccatoio solare, frigo ad energia solare, un mulino multifunzione per prodotti secchi e freschi), con un’attenzione particolare alle normative igieniche e alle pratiche sicure nella lavorazione degli alimenti. Le donne hanno iniziato anche a cercare attivamente nuovi fornitori e strategie di vendita, dimostrando come il progetto abbia creato un ambiente positivo che stimola la crescita personale e collettiva, promuovendo la sostenibilità a lungo termine. Un ulteriore riprova dell’impatto significativo non solo nello stimolare la valorizzazione delle NUS, ma anche nel rafforzare l’autonomia delle comunità locali, in particolare delle donne, creando un ambiente più resiliente e inclusivo per le comunità del Grande Ouaga.

Al servizio della filiera del latte in Kenya/2

Il progetto “Milk Vision 2030”, co-finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, è entrato nel vivo con una missione formativa sul campo

Continua l’impegno di Mani Tese in Kenya, e nello specifico contesto del bacino del fiume Molo, per sostenere uno sviluppo sostenibile e consapevole della filiera della latte, con l’obiettivo primario di aumentare la sicurezza alimentare per le comunità locali e, allo stesso tempo, promuovere lo sviluppo imprenditoriale del settore. Una recente missione di monitoraggio e formazione sul campo ha segnato un ulteriore passo in avanti in questo senso.

Progetto Milk Vision 2030

Il progetto “Milk Vision 2030”, cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna, ha avuto il suo culmine con la missione in Kenya di scambio di esperienze e formazione da parte di Efrem Nicola, esperto casaro italiano. La missione di Efrem è stata volta a formare i giovani nella produzione di formaggio, in collaborazione con l’azienda Casumaro Maurizio, uno dei partner italiani di progetto.

Attraverso workshop pratici e sessioni di formazione, Efrem ha trasmesso competenze fondamentali nella produzione casearia, supportando la diversificazione e l’espansione della catena del valore del latte. Il suo impegno ha coinvolto lo staff, i membri della cooperativa e soprattutto i giovani, futuri protagonisti del settore.

Questo traguardo permette al Mau Juhudi, gruppo di produttori beneficiario del progetto, di ampliare la propria gamma di prodotti, offrendo nuove opportunità di crescita e sviluppo economico. Un passo avanti significativo per la comunità ora esposta a tecniche avanzate di trasformazione.

Dopo aver visitato le stalle, Efrem ha sottolineato come il latte dei produttori sia di qualità buona e adatto anche per la trasformazione. “Sono rimasto impressionato dalla passione e dall’impegno dei produttori kenioti”, ha dichiarato Efrem. “Sono convinto che questo progetto sia un primo importante passo per portare uno sviluppo duraturo nella regione e migliorare le condizioni di vita dei produttori”.

Al servizio della filiera del latte in Kenya

Eccellenze friulane protagoniste sul campo del progetto “Milk Bora”, con una missione di supervisione e formazione

Da tempo Mani Tese è impegnata in Kenya per promuovere la sicurezza alimentare e favorire lo sviluppo imprenditoriale, nel bacino del fiume Molo, attraverso uno sviluppo consapevole e sostenibile della filiera del latte.

Due recenti missioni di monitoraggio e formazione sul campo, relative a due distinti progetti, hanno segnato altrettanti passi importanti verso la promozione di un’agricoltura rigenerativa legata alla produzione lattiero-casearia, che incentivi produzioni di latte ad alto valore aggiunto, naturali, artigianali e con margini migliori, molto richiesti dalla popolazione e nel mercato. Oggi vediamo com’è andata la prima missione.

Filo diretto Italia-Africa

Il Dott. Bartolome Owono Owono, originario della Guinea Equatoriale e formatosi presso il Dipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali dell’Università di Udine, dove lavora, ha recentemente concluso una missione in Kenya nell’ambito del progetto “Milk Bora”, cofinanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

Attraverso la promozione di pratiche di allevamento sostenibili e innovative, il progetto si propone di migliorare la filiera del latte in Kenya. Il Dott. Owono Owono ha visitato diversi allevamenti, incontrando gli agricoltori locali e condividendo con loro le sue conoscenze in materia di nutrizione e benessere animale. Ha fornito conoscenze pratiche e consigli, sia agli agricoltori sia allo staff locale.

“È stata un’esperienza estremamente gratificante”, ha commentato il Dott. Owono Owono. “Ho avuto l’opportunità di mettere a disposizione la mia formazione per contribuire allo sviluppo di un settore cruciale per l’economia keniota”.

La visita del Dott. Owono Owono è un esempio concreto di come la collaborazione tra Italia e Africa possa generare un impatto positivo e duraturo. Il suo percorso, inoltre, mette in luce il ruolo fondamentale delle diaspore africane formate in Italia, che possono fungere da ponte tra i due continenti, favorendo lo scambio di conoscenze e competenze.

Finda, un futuro migliore è racchiuso in un barattolo

Una storia di emancipazione femminile e imprenditorialità in Guinea-Bissau con il progetto “Coinvolgiamo tuttə per costruire il nostro futuro: Politiche, formazione e lavoro per un business inclusivo!”

Finda Sanha è una madre di 35 anni. Nel suo cortile di casa, a Gabú nella Guinea-Bissau orientale, ci sono ovunque barattoli di conserva di mango, ananas, foli e mandiple. I barattoli recano l’etichetta scolorita di una marca di maionese o della salsa di pomodoro: sono stati recuperati nei ristoranti locali e hanno il tappo un po’ ammaccato. Qui Finda trasforma frutta e produce conserve che poi rivende ai negozietti di articoli di prima necessità di Gabú.

 

Tuttə coinvolte in nuove opportunità di emancipazione

A donne come Finda, a giovani e persone con disabilità è rivolto il progetto Coinvolgiamo tuttə per costruire il nostro futuro: Politiche, formazione e lavoro per un business inclusivo!. Il progetto, co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e implementato da Mani Tese in collaborazione con ENGIM, AIFO e i partner locali RENAJ, CIFAP e FADPD/GB, intende intervenire nel tessuto economico-sociale del Paese, creando nuove opportunità di impiego e rafforzando le attività generatrici di reddito già avviate, con un occhio di riguardo proprio per fasce svantaggiate della popolazione come giovani, donne e persone con disabilità.

Nel Leste della Guinea-Bissau in particolare, parlare di business e inclusione potrebbe risultare paradossale. Con un tessuto industriale pressoché inesistente, qui l’iniziativa imprenditoriale si riduce a modeste attività generatrici di reddito (AGR), piccole e micro imprese informali, gestite perlopiù dalle famiglie per la propria sussistenza, per mandare i figli a scuola o pagare le spese mediche.

Inoltre, il contesto culturale delle regioni di Gabú e Bafatá è caratterizzato dalla predominanza del credo islamico e da altre pratiche tradizionali che relegano la donna a una posizione subordinata rispetto all’uomo, limitandone l’emancipazione sociale e l’indipendenza economica. Allo stesso modo, ma per ragioni diverse, le persone con disabilità vivono lo stigma dell’emarginazione all’interno delle loro comunità e devono affrontare barriere nell’accesso a formazione, lavoro, salute e protezione sociale.

Il progetto Coinvolgiamo tuttə per costruire il nostro futuro! interviene proprio su queste dinamiche, operando su tre livelli – politiche pubbliche, formazione professionale e lavoro – con l’obiettivo di facilitare l’inclusione socio-economica di queste categorie vulnerabili e contribuire alla costruzione di un futuro migliore.

 

Il futuro ha la forma del sorriso di Finda

Finda Sanha è una tra gli oltre 500 candidati imprenditori locali che hanno aderito al bando, lanciato lo scorso aprile da Mani Tese e AIFO, per la creazione e il finanziamento di nuove proposte di business e contribuire, così, al rafforzamento del sistema economico locale. “Se vincessi il finanziamento, vorrei comprare barattoli e tappi nuovi, una macchina per incapsulare le conserve e una per mettere le etichette con il mio logo”, dice Finda.

Lo scorso 14 novembre si è concluso un percorso formativo per 66 corsisti tra giovani, donne e persone con disabilità provenienti dalle regioni di Gabú e Bafatá, propedeutico alla creazione e al finanziamento di micro e piccole imprese. La formazione è stata organizzata insieme ad AIFO e ha visto coinvolti 2 formatori esterni sui temi dell’imprenditorialità, gestione e contabilità basica. In particolare, i corsisti hanno appreso come compilare il Business Model Canvas (BMC), uno strumento che permette di sviluppare nuovi modelli di business e strutturare meglio quelli esistenti. Ultimato il percorso formativo, Finda sorride e si porta le mani alla bocca: al momento della proclamazione dei “vincitori”, la sua proposta di business è stata selezionata tra le 35 che riceveranno un finanziamento.

La storia di Kalizeta, un futuro di speranza

Progetto “Nutrire la città” in Burkina Faso

Kalizeta Confe, originaria di Djibo, è una delle tante persone la cui vita è cambiata grazie al progetto “Nutrire la città”. Costretta a fuggire dalla sua città a causa dell’insicurezza crescente nella sua regione, Kalizeta è arrivata a Ouagadougou in condizioni di estrema difficoltà. “Quando sono arrivata a Ouagadougou, è stato molto difficile; ho dovuto mendicare per sopravvivere. Tuttavia, da quando ho scoperto questo incredibile sito a Tampouy, le cose vanno meglio. Riesco a provvedere a me stessa e ai miei figli”, racconta.

Il sito agricolo di Tampouy, dove Kalizeta lavora, è uno dei tre sviluppati nella cintura verde di Ouagadougou grazie al progetto “Nutrire la città”. Questo luogo, è diventato un punto di riferimento per la comunità locale, e rappresenta una concreta opportunità per persone come Kalizeta. Grazie alle infrastrutture realizzate, tra cui un pozzo che garantisce acqua costante, il sito consente una produzione agricola continua durante tutto l’anno, indipendentemente dalla stagione. Kalizeta, pur non essendo una beneficiaria diretta, ha trovato lavoro regolare collaborando con gli agricoltori, aiutando a diserbare i giardini, raccogliendo le verdure e contribuendo alla gestione delle attività agricole. “Grazie alle azioni del progetto, riesco a guadagnarmi da vivere a Ouagadougou”, spiega.

Il progetto “Nutrire la città” è un’iniziativa promossa da Mani Tese ETS, in collaborazione con ACRA, Watinoma e la Mairie de Ouagadougou, e con il cofinanziamento dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). Il suo obiettivo principale è quello di rafforzare la sicurezza alimentare e la sostenibilità dei sistemi agroalimentari nella regione centrale del Burkina Faso, con un focus sulla capitale, Ouagadougou. In un contesto caratterizzato da una rapida urbanizzazione e da una crescente vulnerabilità alimentare, il progetto mira a rafforzare la sostenibilità del sistema agroalimentare e a migliorare la sicurezza alimentare delle popolazioni più vulnerabili.

Tra le principali attività del progetto figurano la costruzione di pozzi alimentati da pompe a energia solare, la formazione degli agricoltori sulle tecniche agroecologiche, la valorizzazione dei prodotti forestali non legnosi del parco Bangr Weogo e la creazione di collegamenti tra produttori locali e strutture di accoglienza per persone vulnerabili. Inoltre, il progetto sostiene iniziative educative come orti scolastici e campagne di sensibilizzazione per studenti e famiglie sull’importanza del consumo di prodotti locali sani e nutrienti.

La storia di Kalizeta dimostra come il progetto “Nutrire la città” stia facendo la differenza.

Grazie al lavoro svolto da Mani Tese ETS, ACRA, AICS e gli altri partner, non solo si migliora la sicurezza alimentare della popolazione, ma si offre una possibilità di riscatto economico e sociale a chi, come Kalizeta, ha vissuto situazioni di estremo disagio.