200 VOLTE UCCISI IN DIFESA DEI DIRITTI

Il prezzo più alto lo pagano gli indigeni che combattono l’agribusiness, ma sono sempre di più i Paesi
dove gli attivisti vengono minacciati, intimiditi o vessati. La campagna “In difesa di”, di cui Mani Tese è partner,
lavora per un network internazionale che rafforzi queste battaglie e chi le conduce.

di FRANCESCO MARTONE, Portavoce “In difesa di”

IL PREZZO PIÙ ALTO LO PAGANO GLI INDIGENI CHE COMBATTONO L’AGRIBUSINESS, MA SONO SEMPRE DI PIÙ I PAESI DOVE GLI ATTIVISTI VENGONO MINACCIATI, INTIMIDITI O VESSATI. LA CAMPAGNA “IN DIFESA DI”, DI CUI MANI TESE È PARTNER, LAVORA PER UN NETWORK INTERNAZIONALE CHE RAFFORZI QUESTE BATTAGLIE E CHI LE CONDUCE.

Oltre 200 difensori e difensore dei diritti umani uccisi lo scorso anno principalmente per essersi opposti all’espansione delle attività di imprese del settore dell’agribusiness o dell’estrazione di risorse naturali. La maggior parte di loro erano leader indigeni e indigene, principalmente in quattro Paesi: Brasile, Colombia, Honduras e Filippine. Sono la punta dell’iceberg di una guerra nascosta, sotterranea, contro i difensori e le difensore dei diritti umani. Cifre allarmanti che nascondono una realtà assai più preoccupante e complessa, in cui a migliaia in ogni parte del mondo soffrono per la loro attività a protezione dei diritti umani. Vessati, criminalizzati, perseguitati, minacciati non solo dagli apparati statali e da governi conniventi, ma anche da formazioni paramilitari (si veda il caso della Colombia post accordi di pace), forze di sicurezza private al soldo di imprese multinazionali o dall’avanzata di formazioni politiche xenofobe, razziste e autoritarie. Una situazione che chiama a un rilancio delle iniziative per la difesa e la protezione dei difensori dei diritti umani, assieme a un riesame critico della cornice di riferimento, dei modelli di intervento e delle forme di solidarietà.

Il futuro dei diritti (e di chi li difende)

Temi che sono stati al centro della tre giorni di lavoro per i 150 difensori e difensore dei diritti umani e le centinaia di partecipanti alla Conferenza Globale sui Difensori Dei Diritti Umani, tenutasi a Parigi a fine ottobre. Accanto alle testimonianze dirette di difensori e difensore da ogni parte del mondo, ci si è interrogati sulle sfide future a vent’anni dall’adozione alle Nazioni Unite della Dichiarazione sui Difensori dei Diritti Umani. Un’occasione quindi per un bilancio e per rilanciare le vertenze e le alleanze globali, tra donne difensore, tra organizzazioni indigene, per la difesa dei diritti civili e LGBTI in primis. Si è parlato molto di come contestualizzare il lavoro di protezione nella cornice più ampia di creazione di reti e modelli di cooperazione trasversale, superando la logica della ripartizione di vertenze su base tematica. E soprattutto di dotare le reti che lavorano in sostegno ai difensori dei diritti umani di una serie di strumenti di analisi politica del contesto attuale, necessari per creare connessioni e relazioni tra le varie iniziative in corso. Tutte considerazioni che sono state sin dall’inizio parte dell’approccio che sta caratterizzando il lavoro in Italia della rete In Difesa di – per i diritti umani e chi li difende, di cui Mani Tese è parte integrante, sia a livello nazionale che partecipando al lavoro del “nodo” locale della rete a Milano, attivo verso l’amministrazione comunale per la promozione della proposta di creazione di un programma di accoglienza temporanea per difensori dei diritti umani a rischio. Proprio quest’anno, in concomitanza con il ventesimo anniversario della Dichiarazione ONU sui Difensori dei Diritti Umani, la presidenza italiana dell’OSCE (che terrà il suo vertice ministeriale a Milano ai primi di dicembre) e la candidatura italiana al seggio triennale del Consiglio ONU sui Diritti Umani, la rete ha intensificato le sue iniziative di informazione e advocacy. Da una parte ci si è concentrati sulla Farnesina, ossia sulla leva “diplomatica”, attraverso incontri con difensori dei diritti umani, e scambio di informazioni e proposte su buone pratiche per la protezione dei difensori. Un percorso che ha portato all’assunzione del tema dei difensori dei diritti umani come uno degli impegni presi per corroborare la candidatura dell’Italia al Consiglio ONU. Candidatura cui è seguita poi l’elezione a metà ottobre.

Le città rifugio

Oggi quindi il tema della protezione dei difensori dei diritti umani, del dialogo con la società civile e del supporto alle iniziative e attività del Relatore Speciale ONU sui Difensori dei Diritti Umani (attualmente Michel Forst) sono parte del pacchetto programmatico con il quale l’Italia è presente al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Al momento la rete ha una serie di canali di lavoro con l’ufficio diritti umani della Farnesina e con la Direzione Generale per l’America Latina e il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, e ci proponiamo di aprire un tavolo su Medio Oriente e Mediterraneo. Al contempo abbiamo rivolto la nostra attenzione al lavoro del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani e in particolare al Piano di Azione Nazionale su Imprese e Diritti Umani. In occasione della revisione del  Piano, sono state formulate proposte, in buona parte accolte, sulle responsabilità delle imprese nel riconoscere e tutelare il ruolo dei difensori dei diritti umani in linea con quanto raccomandato nei rapporti sul tema prodotti dal Relatore Speciale ONU Michel Forst. L’ambito nel quale la rete ha conseguito obiettivi più concreti riguarda il lancio di un piano pilota di “shelter cities” che possano accogliere temporaneamente, se necessario, e comunque accompagnare il lavoro di difensori e difensore, e delle loro comunità ed associazioni. Trento e Padova a vario livello sono incamminate verso la formalizzazione di un programma di accompagnamento e, se necessario, di accoglienza temporanea di difensori e difensore, mentre Milano e altre amministrazioni stanno prendendo in considerazione la possibilità di seguire l’esempio. Impegni a livello ONU, canali di dialogo con il MAECI, programmi di “shelter cities” e linee guida per le imprese sono parte di una “cassetta degli attrezzi” che la rete utilizzerà e metterà a disposizione delle organizzazioni della società civile e dei movimenti sociali in Italia e a livello internazionale dal prossimo anno. Parallelamente continueremo a dare sostegno a chi difende i diritti umani nel nostro Paese, in primis i difensori dei diritti dei migranti e chi viene accusato di crimini di solidarietà. Temi sui quali la rete ha lavorato, ad esempio partecipando al lancio e diffusione in Italia, al Festival SABIR di Palermo, del recente rapporto del Transnational Institute e informando costantemente i relatori speciali ONU sui migranti e i difensori dei diritti umani in merito alla situazione nel nostro Paese.

Articolo pubblicato sul numero di Dicembre 2018 del Giornale di Mani Tese